Attualità di Redazione , 12/03/2021 19:18

Rischio desertificazione a ridosso del fiume Brenta

Antonini Maurizio

“Il deflusso ecologico, ovvero l’obbligo ad un maggior rilascio delle acque a valle delle opere di presa lungo i fiumi, stabilito dall’Unione Europea, rischia di desertificare 30mila ettari di terreni agricoli a ridosso del Brenta”. 

L’allarme – che viene suffragato pure da un apposito studio redatto dal Consorzio di bonifica Brenta - è di Cia Padova. Viene lanciato alla vigilia dell’entrata in vigore, nel 2022, della direttiva europea sulle acque, il cui obiettivo di fondo è “il raggiungimento di un equilibrio ecologico ottimale”. In realtà, spiega la stessa Cia Padova, nella zona compresa tra le province di Padova e Vicenza accadrebbe l’esatto contrario: “Qualora adottato alla lettera, il deflusso ecologico comprometterebbe irrimediabilmente la tutela ambientale e gli standard igienico-sanitari dei Comuni dell’Alta Padovana. La natura stessa del Brenta fa sì che le sue acque vengano disperse nell’alveo – puntualizza il direttore di Cia Padova, Maurizio Antonini - In tal senso l’applicazione rigida del concetto di deflusso ecologico causerebbe, di fatto, l’azzeramento dei prelievi per l’irrigazione e la conseguente desertificazione dei terreni di oltre 20mila aziende agricole che insistono nel comprensorio. Oltre ad un disastro per la fauna ittica”. Secondo il direttore, “ad un anno dalla piena applicazione della normativa UE, che peraltro vale per tutti i 27 Stati membri, vi sono ancora troppe incognite da considerare. Una soluzione potrebbe essere una deroga ad hoc per l’area del Brenta, già di per sé molto particolare. Altrimenti, l’impatto ambientale potrebbe avere degli effetti devastanti. Chiediamo alle autorità competenti di intervenire nelle sedi più opportune al fine di continuare a garantire le medesime portate in termini di irrigazione, soprattutto nel periodo estivo”. 

Nei giorni scorsi la discussione sulla questione è approdata in Seconda commissione regionale (ambiente), sollecitata dal mondo della bonifica e delle associazioni agricole: proprio in questa sede è stata riaffermata l’esigenza di una deroga. “Il sistema di canalizzazioni irrigue del Brenta assicura un costante approvvigionamento di acqua – spiega Enzo Sonza, presidente del Consorzio di bonifica BrentaGrazie a tale rete capillare, inoltre, la fauna ittica gode di un habitat naturale. Il flusso dell’acqua, inoltre, evita che l’alveo degli stessi canali diventi un deposito di rifiuti galleggianti”. Un’altra importante funzione, fa notare il presidente, è l’alimentazione di specchi acquei di parchi e ville tutelate dalla Soprintendenza e ad esempio lo stesso fossato delle antiche mura di Cittadella, che un tempo era una risorgiva, è oggi alimentato dai canali derivati dal Brenta. “Anche molte altre risorgive sono oggi integrate con acque del Brenta tramite i nostri canali, oltre che per il processo di infiltrazione idrica, con una funzione di ricarica di quella falda che ha subito negli ultimi decenni un costante abbassamento e da cui prelevano molti importanti acquedotti”. Tutte queste attività“sono consolidate da decenni e vanno considerate come servizi ecosistemici”

In assenza di adeguate misure di compensazione, l’applicazione rigida del deflusso ecologico darebbe il colpo del ko ad un territorio che conta oltre 250mila abitanti distribuiti in 700 km quadrati. L’istanza che viene portata avanti con forza dal medesimo Consorzio, e che Cia si impegna a sostenere, è di “non aumentare i valori di minimo deflusso vitale del fiume Brenta, già oggi gravosi in diverse circostanze, in particolare quando si registrano prolungati e frequenti stati di magra. Lo strumento della deroga è l’unica via percorribile”.